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3. Automodelli elettrici ed a scoppio
Dall'età di 8 anni si è interessato agli automodelli elettrici della "Polycar" e, successivamente, "Polystil" (Slot Racing).
Per incrementare l'efficienza della corrente, le sue piste elettriche, sono state alimentate da una coppia di un trasformatore ed un alimentatore a 12 Volt, collegati in parallelo, la cui corrente elettrica era accumulata da una coppia di condensatori elettrolitici posti in parallelo, da 50.000 microfarad ciascuno. In tal modo, anche nelle parti più lontane della pista dalla sorgente di alimentazione elettrica, la corrente giungeva correttamente e nella medesima intensità della parte iniziale. Arrivò a costruire elaborati circuiti di piste elettriche, lunghe anche diverse decine di metri, caratterizzate dall'utilizzo di "rotaie" in treccia di rame, anziché quelle classiche in metallo, per evitare la dispersione dell'energia elettrica dovuta all'ossidazione del metallo.
A 12 anni ha partecipato a Siracusa (al locale "Bunker", ora "Dafne") ad una gara per automodelli elettrici (Slot Racing), in cui era il più giovane di tutti i concorrenti, con un modello della Polystil (Tyrrel) da lui modificato. Si è classificato con il secondo tempo nelle prove di qualifica e si è piazzato al sesto posto della classifica generale.
È stato in quella occasione che agli organizzatori ha suggerito l'utilizzo di una migliore fonte di energia elettrica, come quella da lui utilizzata per le sue piste elettriche. Ciò perché, durante le gare, chi ha gareggiato con automodelli elettrici dotati di motori molto potenti (Mabuki, Super Mura, etc.), "succhiava" l'energia elettrica all'avversario nel momento di massima richiesta, rallentandolo. Tale problema è stato reso ancor più evidente, nel caso degli automodelli della Polystil, poiché equipaggiati con motori elettrici di piccola potenza. Suggerimenti successivamente messi in atto dagli organizzatori.
A 15 anni ha avuto la passione per un'altra tipologia di automodelli: quelli radiocomandati con motori a scoppio.
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